Mario Draghi ruba la scena a Enel Green Power:
è bastato l’accenno, oggi pomeriggio, da parte del presidente della
Banca centrale europea alla possibilità che venga avviato un programma
di “quantitative easing” .
Ovvero l'acquisto di bond sul mercato che crea
ulteriore liquidità e pertanto allenta ulteriormente i tassi, per lo
meno quelli a breve termine, al fine di stimolare un minimo di
inflazione (scesa ad uno 0,5% annuo medio a febbraio in Eurolandia, con
paesi come la Spagna e l’Italia che o si trovano già in deflazione o
rischiano di ritrovarcisi a breve, coi problemi in termini di maggiore
costo reale del debito che questo comporta) per far calare l’euro e
rafforza tutte le borse europee, con Piazza Affari che a fine seduta ha
visto gli indici principali salire di oltre l’1% grazie in particolare a
nuovi rialzi dei titoli bancari.
Rialzi che fanno la felicità di quegli investitori,
specie
i grandi fondi internazionali che in queste settimane hanno comprato in
gran quantità azioni dei maggiori gruppi bancari italiani (ma anche
qualche bel nome della moda e del lusso, approfittando di un calo delle
quotazioni, come nel caso di Geox, nel cui capitale è salito oltre il 2%
il fondo americano Fidelity), ma che continuano ad avere un impatto
pressoché nullo sull’economia reale. Un’economia reale che dovrebbe
invece prestare più attenzione ai piani industriali di gruppi proprio
come Enel Green Power che oggi ha presentato agli investitori le sue
ultime proiezioni e obiettivi contenuti nel piano industriale 2014-2018.
Un piano che fa leva sulla diversificazione geografica e tecnologica,
su economie di scala e sulla solidità finanziaria per centrare i suoi
obiettivi, di recente ridefiniti a seguito della ridefinizione dei
perimetri di attività in Europa, in Spagna (aggregata all’area Europa) e
in America Latina. Enel Green Power vuole crescere sui mercati
emergenti, nei quali entro il 2018 prevede di aumentare la capacità
installata a circa 4.100 MW (dai 1.200 MW di fine 2013), con una
capacità addizionale di circa 2.900 MW, attraverso investimenti per la
crescita pari al 73% del totale di piano, di cui il 46% in America
Latina e il 27% in nuovi paesi.
Molto più contenuta è la crescita prevista in Nord America:
sempre entro il 2018 si vuole aumentare la capacità installata di circa
700 MW salendo a circa 2.400 MW (dai 1.700 MW attuali) attraverso
investimenti per la crescita pari al 10% del totale di piano. E in
Europa? Il gruppo controllato da Enel e specializzato in energie
rinnovabili (idroelettrico, geotermico, eolico, solare e biomassa) non
si ritira, ma la capacità aggiuntiva sarà di soli 1.000 MW circa, per
una capacità installata a fine piano pari a circa 6.900 MW (dai 6.000 MW
del 2013). In tutto Enel Green Power conta di spendere entro il 2018
6,1 miliardi di euro, di cui 5,4 miliardi dedicati alla crescita (si
passerà da circa 600 a circa 750 impianti in tutto il mondo, il cui
personale di servizi salirà da 1.500 a 1.800 unità), arrivando a una
capacità installata totale di circa 13.400 MW, ossia 4.600 MW in più di
fine 2013 (di cui circa 1.000 MW già a fine anno). La produzione è
invece attesa a fine 2018 a circa 45 miliardi di chilowattora.
Si noti che dato che all’Europa (Italia e Francia) il gruppo conta
di dedicare il 17% circa degli investimenti per accrescere di 4,7 GW la
capacità di generazione attraverso 139 progetti, di cui 121 in Italia,
al Belpaese dovrebbero andare poco meno del 15% degli investimenti
previsti dal piano, vale a dire attorno ai 900 milioni di euro, mentre
circa 5,1-5,2 miliardi saranno destinati alla crescita all’estero. Nel
2018, inoltre, il gruppo italiano dovrebbe operare anche in Uruguay,
Ecuador, Kenya, Egitto, Arabia Saudita e Russia, oltre a nuovi mercati
già annunciati in precedenza quali Colombia, Perù, Turchia, Sud Africa e
Marocco, in aggiunta ai 16 paesi in cui è già oggi presente, estendendo
dunque la sua presenza da 16 a 27 paesi; si tratta di uno dei pochi
casi in cui un’azienda tricolore (non solo un marchio di lusso), che per
di più opera in un settore ad elevato tasso di innovazione tecnologica,
sta crescendo a ritmo sostenuto.
La domanda mondiale, del resto, dovrebbe crescere in tutto il mondo
entro il 2030 del 60% rispetto ai livelli attuali. Per tener dietro a
una tale crescita la capacità generativa dovrà crescere anche di più,
dell’80%. Ma la domanda non crescerà, naturalmente, in modo uguale in
tutto il globo, così come non si vedranno gli stessi investimenti in
tutti i paesi. Per questo la controllata di Enel punta in particolare
sui paesi emergenti che, per quanto “in crisi” (ma forse
varrebbe la pena di dire leggermente meno in espansione, visto i tassi
di crescita annua del Pil a livelli che per un paese come l’Italia
restano irraggiungibili), continueranno a veder costruiti nuovi impianti
di energie rinnovabili anche grazie al naturale rinnovo del parco
centrali con la sostituzione di più obsoleti e inquinanti impianti a
carbone o a ciclo combinato con nuove centrali “verdi”.
La crescita media delle energie rinnovabili (che nel
caso di Enel Green Power significa soprattutto energia eolica, dato che
il 70% dei 4,6 GW di capacità addizionale prevista nel quadriennio
dovrebbe venire da tale fonte, contro un 16% di solare, un 7% di idrica,
un 4% di geotermica e un 3% di biomasse) nei mercati emergenti tra il
2014 e il 2018 è infatti prevista pari al 66% contro un +41% di crescita
della produzione energetica complessiva di tali paesi. Al confronto in
Nord America ed Europa la crescita dovrebbe essere circa la metà, a
fronte di un incremento di capacità produttiva del 10% negli Usa e del
4% in Europa.
Per finanziare i suoi progetti Enel Green Power punta sulla generazione di flussi di cassa “importanti, in combinazione con finanziamenti esterni a lungo termine e a costi competitivi”, cercando di inserirsi “in
nicchie di mercato con specifico orientamento al finanziamento di
progetti rinnovabili, come agenzie di credito all’esportazione,
istituzioni per lo sviluppo multi-regionale e locale, accordi di tax
equity”. Grazie anche ad un’ulteriore crescita dell’efficienza
operativa l’Ebitda (margine operativo lordo, ossia la somma di risultato
operativo e ammortamenti e svalutazioni) dovrebbe passare dai circa 1,9
miliardi attesi quest’anno a 2,3 miliardi circa nel 2016 per poi salire
a 2,6 miliardi a fine piano quando, se il management non avrà commesso
errori di valutazione o gestione, gli utili “core” dovrebbero essere cresciuti del 44% rispetto ai livelli attuali, raggiungendo i 2,6 miliardi di euro.
fonte, http://www.fanpage.it
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